Segesta

Segesta… Strati di cultura!

Ti accoglie un tempio che neanche lo vedi ma ti guarda. È lì, dietro agli alberi, e sovrasta una collina che ti scruta da ogni dove, quando ancora non sei arrivato.

È giallo, a richiamare il sole di questa terra contrastante. È giallo a richiamare le rocce calcaree di tufo, di cui è composto. Così apparentemente fragile, eppure lì a resistere da più di 2000 anni.

Tempio di Segesta, vista da sud-est

Sembra quasi un monito: se resisto io, perché non voi? Ma non è solo resistenza, è imponenza umile, di chi non ha bisogno di imporsi per forza.

Si tinge di dorato nelle ore preserali a ricordare la regalità che lo ha contraddistinto nel periodo di massimo splendore.

Tutto intorno una natura senza tempo, selvaggia, in una valle fuori dalle dimensioni cittadine. Sembra il nulla e quasi ci si stupisce di come un popolo abbia scelto di farne la propria terra.

L’anfiteatro di Segesta

Dopo una salita, non senza sacrifici, si giunge nella parte più alta del parco. Una vista mozzafiato e un panorama che arriva fino al mare. Non è difficile spiegarsi come mai in questo punto sia sorto un teatro.

Il panorama diventa la scenografia naturale

di qualsiasi spettacolo e il piccolo anfiteatro ci rimanda alla suggestione di un’epoca passata, in cui il valore della cultura era equiparabile ad un bene di prima necessità.

Le sconfitte e la decadenza fanno sì che diversi popoli si succedano, alternando rovina a splendore.

Ai romani seguono i normanni e bizantini, che regalano un nuovo carattere. Non solo tempio e teatro, piazza (agorà) e confronto, ma anche una moschea a rappresentare la pluralità dell’animo dei siciliani.

Anfiteatro di Segesta, vista da est direzione Valderice
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